Come richiesto da un po’ di persone sulla chat Telegram di RTG, raccolgo qui un po’ di memorie, ma ricordo a tutti che la memoria è imperfetta e potrei aver sbagliato alcuni dettagli.
Questo tipo di racconto tende ad oggettivizzare esperienze personali, per cui prendetelo con le dovute molle.
Allora, al di là delle considerazioni sulle ricadute filosofiche sull’oggi, posso dare una testimonianza sugli esordi dello hobby dei giochi di ruolo in Italia, o almeno a Roma.
Un po’ di contesto
Ho iniziato nel 1980, i primi giocatori erano praticamente tutti wargamer storici (giocatori di wrg, Little Wars, boardgame Avalaon Hill o SPI) che avevano deciso di provare questi nuovi giochi.
C’era una grossa resistenza.
Per gli wargamers più tradizionalisti gli rpg erano una mezza buffonata per ragazzini.
La prima edizione di D&D che vidi era una traduzione/adattamento non autorizzato noto come la “sinossi”, opera di Agostino Carocci della Associazione Fantasy MAM, in seguito autore di Katakumbas e compare di Luca Giuliano, Andrea Angiolino, Boschi e Massimo Casa nella CuNSA.
La sinossi era un mix di pagine dattiloscritte e fotocopie di Holmes D&D e veniva distribuita fra amici a mezzo fotocopie in maniera abbastanza “carbonara”.
C’è da dire che AD&D era ritenuto il “vero” D&D, e non BX.
Nel 1983 quando si fece il primo campionato italiano in vista della prima ModCon si usò AD&D (a Roma si presentarono alla qualificazione ben 4 o 5 gruppi).
Solo dopo che la EG tradusse la scatola Rossa D&D base prese piede e nacquero i grossi campionati di Agonistika degli anni 90 con gironi di qualificazione con decine di gruppi. (Decine di gruppi nella sola Roma, ricordo che si facevano tipo 3 o 4 gironi prima delle finali nazionali, quindi Roma aveva circa 100 gruppi di sei persone iscritte ufficialmente.
Fra Master, giocatori e organizzatori quindi Roma aveva, direi, almeno 640 giocatori che avevano fatto “outing” nei primi anni 90, tardi 80).
Rivedendo una discussione avuta con Nando Ferrari de I Giochi dei Grandi qualche anno fa, la sua stima è che in Italia, negli anni 80, ci fossero circa 5-10.000 giocatori di ruolo (e circa altrettanti wargamer) che sarebbero diventati ad occhio dai 50 ai 100.000 negli anni 90. Il trimestrale Agonistika News, secondo Andrea Angiolino, censiva 7000 giocatori in 20 città nel 1991.
Un resoconto effettivo lo potrebbe scrivere Andrea Angiolino che ha una memoria migliore della mia, era più grande, ed è stato lì da subito e conosce i retroscena meglio essendo stato, da subito nel mondo della organizzazione di campionati e della editoria del gdr.
Altri che sarebbe interessante sentire sarebbero: Piermaria Marazziti, che scriveva i moduli per Agonistika, e Nicola Zotti che era nella organizzazione, ma che ci ha lasciati l’anno scorso. Oppure Paolo Spetia, proprietario del primo Strategia e Tattica.
A Roma i negozi fra il 1980 ed il 1990 erano due: Strategia e Tattica (appunto) a Via del Colosseo 5, e La Città del Sole di Via della Scrofa. Gli anni 90 hanno visto il sorgere di altre realtà come 3d6 o Pergioco/Giocofollia.
Ma già nel 198.. 3(?) esisteva una sala aperta dove giocare nel retro di S&T a via del Colosseo. Da quella sala sono passati anche personaggi come Adriano Monti e Paolo Corsini (oggi giornalisti televisivi di fama nazionale).
La prassi
Ma allora, come giocavamo? Innanzitutto i setting erano molto vaghi, generici mondi di D&D. Non conosco nessuno che all’epoca avesse mondi di D&D dettagliati e con storie estese, pensati per essere giocati.
Il mio master usava all’inizio una sorta di mappa della Spada di Shannara ritoccata, in seguito cambio il setting in un vago Impero medioevale pseudo-storico, ma l’idea di Sandbox e Hexcrawl non esistevano come le conosciamo oggi.
I viaggi erano rari e si glissava abbastanza.
Il fulcro del gioco era “il luogo delle avventure” in genere un megadungeon da esplorare liberamente.
L’approccio era quindi più location based che altro. I gruppi ricorrevano molto spesso ai cani da guerra o ai mercenari, ma gli henchmen erano abbastanza rari. Si faceva anche abbastanza ricorso agli specialisti come i Saggi.
Pochi, pochissimi riuscivano ad arrivare a pensionare un personaggio (io ci sono riuscito una volta in forse 10 anni di quasi solo AD&D).
Molte campagne finivano intorno ai livelli medi, anche perché mancavano modelli per il gioco ai livelli più alti e all’epoca comprare un modulo era un investimento vista la giovane età.
La rivalità interna nei gruppi era elevata e frequente, considerata per lungo tempo una cosa “normale”, e qualcuno moriva ammazzato dai propri compagni o denunciato agli armigeri. Alcuni giocatori si facevano una fama come giocatori di “buoni” o di “malvagi”.
Lo stile di gioco era abbastanza uniforme anche fra gruppi diversi, ma la cosa non dovrebbe sorprendere perché si imparava a giocare “per contagio”.
Le houserule e le aggiunte personali alle regole erano abbastanza una rarità, o meglio, si derubavano gli articoli di riviste ritenute ‘autorevoli” White Dwarf o Dragon.
Ma a farlo erano in pochi, anche lì mi è capitato forse una volta in un decennio.
Cosa diversa erano “le integrazioni”, ovvero: come si gestisce una banca in gioco? E giù articoli nelle riviste o nelle fanzine (un articolo sulle banche venne scritto da Andrea Angiolino sulla rivista Pergioco) ma erano aggiunte appunto, più che revisioni.
All’epoca ricordo anche che qualcuno pubblicò una raccolta di articoli tradotti nota come The Blue Book, la trovate indicizzata persino su rpggeek https://rpggeek.com/rpgitem/297261/blue-book
E andava forte anche inventare mostri.
Va detto che la risoluzione delle azioni non era intesa proprio come nella OSR di oggi, le regole venivano accettate in maniera abbastanza rigida (non sei un ladro? Mi spiace niente muoversi in silenzio non importa quanto motivi o razionalizzi la cosa. Storie e leggende? Macché tiro di Intelligenza, vai da un Saggio, mi spiace).
Il master era un arbitro imparziale, i tiri erano nascosti ma “sacri” e i personaggi erano “pedine” dei giocatori, senza estesi background
La soluzione ai problemi (grossa parte di questo stile di gioco che lo accomuna all’avventura testuale o al giallo) era ricercata regolarmente “nella fiction” e non nelle meccaniche
Abbastanza presto fecero la loro comparsa handout fatti a mano (finte pergamene) e prove da superare al di fuori del mondo di gioco quali indovinelli, anagrammi, prove matematiche da superare, rebus, testi scritti in Inchiostro simpatico…
E, sì, il combattimento era guerra, ma tornando alle “procedure” il primo hexcrawl diciamo “RAW” lo avrò giocato nel 1983, tipo.
Dopo cosa è successo
Tutto questo cambiò intorno al 1984-1985, a prescindere da Dragonlance.
Già prima si era iniziata a diffondere una mentalità “narrativa” e “ad avventure con una storia” che qualcuno ha definito non inappropriatamente Middle School (Mauro Longo è, che io sappia, l’inventore di questa definizione).
Chi rimaneva attaccato alla vecchia modalità “esplorativa” e/o D&D veniva bollato da alcuni come “Dungeonaro”.
I nuovi giocatori glissavano completamente su quasi tutte le procedure di gioco (Turni? Incontri casuali? Maddeché) mentre noi “vecchi” rispettavamo la struttura/procedura esplorativa dei dungeon e chi poteva spendeva in miniature pirata e tile di cartone. La diffusione della scatola rossa segnò il momento da cui poi cambiò un po’ tutto.
Sicuramente la mancanza di moduli di riferimento diversi da B1 e B2 potrebbe giustificare la differenza di approccio far i primissimi role-player italiani e la prima grande ondata di giocatori portata dalla scatola rossa e da AD&D 2e.
Io il primo modulo della serie X penso di averlo giocato dopo il 1985, ed escluso B1 e B2 giocati quasi subito, avrò giocato B4 intorno al 1986 ( e B4, tutto sommato è un classico megadungeon anche lui).
Ma comunque “la missione” anche nei moduli TSR ufficiali, mi pare spesso una scusa molto tenue utile solo a spingere i giocatori all’esplorazione.
La campagna rimane molto legata alla libera esplorazione da parte dei PC che non a storie, missioni o temi.
I moduli dei primi anni 80 non sono ancora dei railroad, non pretendono di informare il mondo di gioco al di fuori del dungeon, non hanno una trama vera e propria da seguire ma offrono solo uno spunto.
Nel quinquennio seguente però nascerà la seconda edizione, ed è già enormemente cambiata la cultura di gioco: siamo in piena Middle School, o se volete altri termini nello stile detto ogni tanto “Paladins and Princesses”. Arriveranno poi i Time of Troubles/Avatara e tutte le avventure dal plot “pesante”.
Consideriamo poi una cosa: la TSR e l’America avevano un decennio di anticipo su di noi, è quindi possibile che elementi “di storia” siano penetrati nei prodotti già intorno al 1980 perché da loro il ciclo iniziale si era già concluso e noi invece lo abbiamo vissuto tutto molto ravvicinato, al punto da schiacciare una esperienza riconducibile a quella della OSR odierna e ad averla fatta vivere a pochi e per un breve lasso di tempo. Nel bene e nel male.
Ma… solo D&D?
Ora, io ho parlato di D&D, ma si giocava anche altro, seppure in maniera minore.
Ad esempio Traveller, Call of Cthulhu, Merp e Pendragon erano i giochi della mia cerchia ristretta fino al 1984-1985.
Praticamente tutti rigorosamente fotocopiati da amici (i pdf dell’epoca), il mio raccoglitore di Traveller che non esiste più e includeva una notevole fetta degli LBB pesava una tonnellata
Va detto che nessuno all’epoca avrebbe considerato questi giochi parte di una unica categoria filosofica (quella che oggi chiamiamo Old School) e molti di noi credo abbiano remore a farlo oggi (mi ci metto anche io, non tutti i giochi vecchi producono necessariamente quel tipo di gioco).
Nessuno avrebbe accomunato, non dico CoC o Pendragon che sono bestie più o meno diverse, ma chessò, MERP a D&D.
Conclusioni
Nella stesura di questa memoria mi rendo conto di una cosa, molte di queste caratteristiche sono state proprie di quel periodo, forse anche per la sua brevità.
Una sorta di periodo di apprendistato generale, tre-quattro anni in cui i singoli gruppi e master hanno avuto modo di assimilare e fare proprio, o rigettare, quello stile di gioco.
La diversità di approccio di quella che accetto volentieri di chiamare sopra Middle School ha, direi, molteplici cause: da una parte i dungeonari insoddisfatti che rifiutano lo stile di origine e vanno verso altro, dall’altra nuove leve che non hanno appreso il gioco per contagio e lo riadattano alle proprie esigenze, e da un altra ancora l’influenza di chi (pochi ma devono esserci stati) non ha iniziato con D&D ma con altri sistemi già più lontani da quella cifra.
Oh, questa era Roma fra il 1980 e 1984, altrove (Milano, Modena, Firenze, Venezia…) sarà stato diverso magari.
Obviously YMMV, pensate che io avevo 8 anni quando iniziai nel 1980 e potrei ricordare male eventi di più di 30 anni fa.